Bory de Saint-Vincent a Tenerife: mito e politica di un viaggo

Il carattere guascone, le spacconate e gli abbellimenti che Bory introduceva nei suoi scritti e nelle sue note biografiche, non debbono tuttavia oscurare l’interesse della preparazione del giovane naturalista, e del mondo di libri che aveva frequentato nella biblioteca dello zio. Certo, non si vuole qui sostenere la tesi di un Bory eminente letterato e raffinato scrittore: non fu mai né l’uno né altro, anche se il suo stile non mancava di immediatezza e produceva a volte passaggi di grande effetto retorico e letterario. L’interesse della formazione di Bory, che prorompe con forza nel saggio sulle Isole Fortunate, sta proprio nel quadro che offre delle letture e degli interessi del ceto benestante e intellettuale della provincia francese: quel certo restare ancorati alla cultura naturalistica della seconda metà del diciottesimo secolo, che permetterà a Bory di proporre tesi –ad esempio le sue dottrine antropologiche, o sulla generazione spontanea e la storia della vita sulla terra– al tempo stesso «arretrate» e «innovative». E l’usare tali aggettivi tra virgolette s’impone, in quanto molti dei testi di Bory dimostrano come i lettori dell’epoca trovassero la ripresa non acritica di temi buffoniani, o legati al dibattito sulle specie degli ultimi decenni del Settecento, del tutto confacente ai propri gusti ed interessi. Le tematiche affrontate da Bory, il suo stile espositivo, le sue fughe teoriche, che un naturalista del calibro di Georges Cuvier avrebbe considerato come segni di una pratica scientifica appartenente ad un passato con cui era indispensabile chiudere al più presto i conti, convincevano invece molti lettori, come dimostra il successo del saggio sulle Isole Canarie, le diverse edizioni dell’opera immediatamente successiva, il Voyage dans les quatre principales îles des Mers d’Afrique, Ténériffe, Maurice, Bourbon et Sainte-Hélène (4 vol., 1804), e del Dictionnaire classique d’histoire naturelle, dove molte delle stesse tematiche sono riprese, spesso negli stessi termini, venti e più anni dopo la loro prima formulazione.